Nuova Sabatini: nuova disciplina per l’acquisto di beni strumentali


Nuova disciplina per la concessione ed erogazione del contributo in relazione a finanziamenti bancari (o leasing) per l’acquisto di beni strumentali da parte delle PMI (Nuova Sabatini) (Ministero dello sviluppo economico – Decreto 22 aprile 2022).

Con il decreto del 22 aprile 2022, il MISE stabilisce, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 69/2013, i requisiti, le condizioni di accesso e la misura massima dei contributi a tasso agevolato per gli investimenti, anche mediante operazioni di leasing finanziario, in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché per gli investimenti in hardware, in software ed in tecnologie digitali e ne disciplina le modalità di concessione, erogazione e controllo, nonché di raccordo con i finanziamenti in favore della PMI da parte di un soggetto finanziatore.
In particolare, gli interventi agevolativi sono articolati, in conformità con le predette disposizioni, nelle seguenti linee di intervento:
a) agevolazioni per investimenti in beni strumentali;
b) agevolazioni per investimenti 4.0;
c) agevolazioni per investimenti green.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 226, della legge n. 160/2019, il presente decreto disciplina, altresì, le modalità procedurali per il riconoscimento del contributo maggiorato previsto dalla medesima legge a favore delle imprese che realizzano gli interventi di cui sopra nelle Regioni del Mezzogiorno.
Le agevolazioni in questione sono cumulabili con altri aiuti di Stato, in relazione agli stessi costi ammissibili, in tutto o in parte coincidenti, unicamente se tale cumulo non porta al superamento dell’intensità di aiuto o dell’importo di aiuto più elevati applicabili all’aiuto in questione in base ai regolamenti di esenzione applicabili in funzione dell’attività svolta dall’impresa beneficiaria.


Gli immobili della società semplice sono esclusi dall’agevolazione prima casa


L’agevolazione prima casa è esclusa per i soci della società semplice che utilizzano come abitazione principale l’immobile della società (Corte di Cassazione – ordinanza 08 giugno 2022, n. 18554).

A riguardo, giova subito rammentare che i giudici della Corte hanno già avuto modo di chiarire che i destinatari dell’agevolazione prima casa sono le persone fisiche e non le persone giuridiche e non è prevista alcuna applicazione analogica dell’agevolazione in commento.


Infatti, la società, sia pure semplice, costituisce un soggetto autonomo e diverso dalle singole persone fisiche che la costituiscono.


Nella fattispecie in commento, la società semplice è proprietaria di una tettoia e di un’abitazione e pertanto, gli immobili sono alla stessa intestati e dall’atto costitutivo emerge che l’acquisto di immobili è una delle finalità della società e che per raggiungere tale scopo, essa può compiere tutte le operazioni mobiliari, immobiliari, commerciali e finanziarie, necessarie o utili per il conseguimento dell’oggetto sociale.


I soci sono titolari solo di una quota ideale, e non sono titolari diritti reali sull’immobile della società utilizzato come abitazione principale; in tal caso, è irrilevante che i soci abbiano trasferito la propria residenza nello stesso e che lo utilizzino come abitazione del proprio nucleo familiare.


Ai fini dell’esclusione dell’agevolazione prima casa è determinante la circostanza che la società semplice, è un soggetto giuridico diverso dai soci, creato con specifiche finalità, mentre il regime agevolativo impone che il beneficio sia concesso a persone fisiche, proprietarie di immobili o titolari di diritti reali, che utilizzano il bene con le finalità peculiari indicate dalla norma.


Linee guida in materia di raccolta fondi degli ETS


Adozione delle Linee guida in materia di raccolta fondi degli Enti del Terzo settore ai sensi dell’art. 7, comma 2, del Codice del Terzo settore (Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Decreto 13 giugno 2022).

Le Linee guida offrono agli Enti del Terzo Settore (ETS) uno strumento di orientamento nella realizzazione dell’attività di raccolta fondi, contribuendo in tal modo a migliorare il rapporto di fiducia tra cittadini ed Enti stessi.
Le Linee guida si configurano come un documento “aperto”, in grado di sviluppare gli spunti di riflessione che dovessero emergere dalla raccolta ed elaborazione di buone prassi da parte dei soggetti pubblici e privati coinvolti nell’attività di raccolta fondi. Sono inoltre rivolte a tutti gli Enti del Terzo Settore, indipendentemente dalla loro forma giuridica, dimensione, missione, attività e classificazione e intendono conformare l’attività di raccolta fondi ai principi di verità, trasparenza e correttezza, richiamati espressamente dall’art. 7 del Codice. Infatti, la norma prevede che gli ETS possano realizzare attività di raccolta fondi, anche in forma organizzata e continuativa, mediante sollecitazione al pubblico o attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore, impiegando risorse proprie e di terzi, inclusi volontari e dipendenti. La modalità di raccolta potrà essere sia privata (indirizzata al singolo potenziale donatore) sia pubblica e in caso di sollecitazione rivolta al pubblico, gli ETS dovranno attenersi al rispetto dei principi esplicitati nelle Linee guida.
Quanto alle tecniche della racconta fondi, le Linee Guida delineano un quadro di massima, non esaustivo né cogente, mediante cui procedere alla raccolta fondi:
– il Direct mail;
– il Telemarketing;
– il face-to-face;
– il Direct response television;
– eventi, anche di piazza;
– il merchandising;
– i salvadanai;
– tramite imprese for profit;
– attività di sostegno a distanza;
– i lasciti testamentari;
– numerazioni solidali;
– donazioni online.
Va infine segnalato, che il Codice del Terzo Settore prevede per gli ETS che ricorrono all’attività di raccolta fondi precisi obblighi di rendicontazione, diretti a tutelare la fede pubblica, garantire trasparenza alle attività e consentire agli organi competenti la vigilanza.


Bonus imprese a forte consumo di gas naturale: in arrivo il codice tributo


Istituito il codice tributo per l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale. (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 13 giugno 2022, n. 28/E)

É stato previsto il riconoscimento a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale di un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta, pari al 10 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, alle condizioni e nei termini ivi indicati. (art. 15.1, decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25).
Il suddetto credito d’imposta, entro la data del 31 dicembre 2022, è utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, mediante modello F24, oppure ceduto solo per intero a terzi.
Tanto premesso, per consentire l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta di cui trattasi, tramite modello F24 da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, è istituito il seguente codice tributo:
– “6966” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale (primo trimestre 2022) – art. 15.1 del decretolegge 27 gennaio 2022, n. 4”.
In sede di compilazione del modello F24, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione “Erario”, nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”. Nel campo “anno di riferimento” è indicato l’anno di sostenimento della spesa, nel formato “AAAA”.
Si ricorda che per la fruizione dell’analogo credito d’imposta riferito al secondo trimestre 2022 deve essere utilizzato il codice tributo “6962”.

Bonus edilizi: nuove disposizioni attuative dal Fisco


A seguito delle modifiche introdotte dal “Sostegni-ter” convertito e dal decreto “Aiuti”, con il provvedimento 10 giugno 2022, n. 202205, l’Agenzia delle entrate, ha apportato modifiche al provvedimento n. 35873 del 3 febbraio 2022, recante disposizioni di attuazione degli articoli 119 e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, per l’esercizio delle opzioni relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica.

In alternativa all’utilizzo in compensazione, a decorrere dal giorno 10 del mese successivo alla corretta ricezione della Comunicazione:
a) i fornitori che hanno applicato gli sconti, possono cedere i relativi crediti ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari. In tale contesto, i successivi cessionari possono effettuare una sola ulteriore cessione a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo, di società appartenenti a un gruppo bancario, oppure di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia. I soggetti qualificati che hanno acquistato i crediti possono effettuare una sola ulteriore cessione esclusivamente a favore di altri soggetti qualificati;
b) i primi cessionari che hanno acquistato i crediti, possono effettuare una sola ulteriore cessione a favore di soggetti qualificati. I soggetti qualificati che hanno acquistato i crediti possono effettuare una sola ulteriore cessione esclusivamente a favore di altri soggetti qualificati. Tuttavia, se la Comunicazione è stata inviata all’Agenzia delle entrate entro il 16 febbraio 2022, i primi cessionari possono cedere il credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, che possono poi procedere alla cessione dei crediti in favore dei soggetti qualificati;
c) alle banche, ovvero alle società appartenenti ad un gruppo bancario, è sempre consentita la cessione a favore dei clienti professionali privati, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione. Le funzionalità della Piattaforma cessione crediti che consentiranno di comunicare le predette cessioni saranno disponibili a partire dal 15 luglio 2022.

Con riferimento ai crediti acquistati dai successivi cessionari, comunicati tramite la Piattaforma cessione crediti fino al 16 febbraio 2022, resta fermo quanto previsto dall’articolo 28, comma 2, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, circa la possibilità di cedere il credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, che possono poi procedere alla cessione dei crediti in favore dei soggetti qualificati.
La comunicazione delle cessioni avviene esclusivamente a cura del soggetto cedente tramite la Piattaforma cessione crediti, dopo aver proceduto all’accettazione della cessione, utilizzando la medesima Piattaforma.
I cessionari utilizzano i crediti d’imposta secondo gli stessi termini, modalità e condizioni applicabili al cedente, dopo l’accettazione della cessione, da comunicare esclusivamente a cura degli stessi cessionari tramite la Piattaforma cessione crediti. Inoltre, in caso di utilizzo in compensazione, per i crediti derivanti dalle comunicazioni inviate dal 1° maggio 2022, è necessario comunicare preventivamente, tramite la suddetta Piattaforma, la scelta irrevocabile di fruizione in compensazione, con riferimento a ciascuna rata annuale.
Ai sensi dell’articolo 121, comma 1-quater, del Decreto, le rate annuali dei crediti derivanti dall’esercizio delle opzioni da parte dei titolari delle detrazioni, comunicate all’Agenzia delle entrate ai sensi del punto 4 dal 1° maggio 2022, non possono formare oggetto di cessioni parziali successive. A tal fine, a ciascuna rata è attribuito un codice identificativo univoco da indicare nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni tramite la Piattaforma cessione crediti. Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano ai crediti derivanti dalle suddette opzioni comunicate all’Agenzia delle entrate entro il 30 aprile 2022, ivi comprese le comunicazioni relative alle spese del 2020 e del 2021 inviate dal 9 al 13 maggio 2022, ai sensi della risoluzione n. 21/E del 5 maggio 2022.
I contratti di cessione conclusi in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 121, comma 1, del Decreto e all’articolo 28, comma 2, del decreto-legge n. 4 del 2022 sono nulli.”


 

Prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero


In arrivo le norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta (LEGGE 17 maggio 2022, n. 61)

La legge in oggetto è volta a valorizzare e a promuovere la domanda e l’offerta dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta, favorendone il consumo e la commercializzazione e garantendo ai consumatori un’adeguata informazione sulla loro origine e sulle loro specificità.
Le regioni e gli enti locali possono adottare le iniziative di loro competenza per assicurare la valorizzazione e la promozione dei prodotti di cui sopra.
All’attuazione dl quanto previsto si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Si intendono per prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero, i prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento, compresa l’acquacoltura, di cui all’allegato I al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e i prodotti alimentari di cui all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, provenienti da luoghi di produzione e di trasformazione della materia prima o delle materie prime agricole primarie utilizzate posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita, o comunque provenienti dalla stessa provincia del luogo di vendita, o dal luogo di consumo del servizio di ristorazione, e i prodotti freschi della pesca in mare e della pesca nelle acque interne e lagunari, provenienti da punti di sbarco posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita o dal luogo di consumo del servizio di ristorazione, catturati da imbarcazioni iscritte nei registri degli uffici marittimi delle capitanerie di porto competenti per i punti di sbarco, e da imprenditori ittici iscritti nei registri delle licenze di pesca tenuti presso le province competenti.
I prodotti agricoli e alimentari nazionali provenienti da filiera corta, invece, sono i prodotti la cui filiera produttiva risulti caratterizzata dall’assenza di intermediari commerciali, ovvero composta da un solo intermediario tra il produttore, singolo o associato in diverse forme di aggregazione, e il consumatore finale.
Le cooperative e i loro consorzi non sono considerati intermediari. I comuni riservano agli imprenditori agricoli e agli imprenditori della pesca e dell’acquacoltura marittima e delle acque interne, singoli o associati in cooperative, esercenti la vendita diretta dei prodotti agricoli e alimentari almeno il 30 per cento del totale dell’area destinata al mercato e, per la pesca, delle aree prospicienti i punti di sbarco.
I comuni, nel caso di apertura di mercati agricoli, possono riservare agli imprenditori agricoli, singoli o associati in diverse forme di aggregazione, esercenti la vendita dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta, appositi spazi all’interno dell’area destinata al mercato. E’ fatta salva, in ogni caso, la possibilità per gli imprenditori agricoli di realizzare tipologie di mercati riservati alla vendita diretta.
Le regioni e gli enti, locali, d’intesa con le associazioni di rappresentanza del commercio e della grande distribuzione organizzata, possono favorire, all’interno dei locali degli esercizi della grande distribuzione commerciale, la destinazione di particolari aree alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta.
Chiunque utilizza le definizioni sopra indicate in maniera non conforme alla presente legge o utilizza i loghi in assenza dei requisiti, nell’etichettatura, nella pubblicità, nella presentazione e nei documenti commerciali è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.600 euro a 9.500 euro.

IMPi : pronti i codici tributo


L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 10 giugno 2022 n. 27/E ha reso noto i codici tributo per il versamento, tramite modello F24, dell’imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi), di cui all’art. 38, D.L. n. 124/2019, conv., con modif. dalla L. n. 157/2019.

L’art. 38, co. 1, D.L. n. 124/2019, conv., con modif. dalla L. n. 157/2019, prevede che a decorrere dall’anno 2020 è istituita l’imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi) in sostituzione di ogni altra imposizione immobiliare locale ordinaria sugli stessi manufatti.


L’imposta è calcolata ad aliquota pari al 10,6 per mille, ed è riservata allo Stato la quota di imposta calcolata applicando l’aliquota pari al 7,6 per mille.


Tanto premesso, per consentire il versamento, mediante il modello F24, dell’IMPi a favore dei comuni cui spetta il gettito dell’imposta derivante dall’applicazione dell’aliquota del 3 per mille e le maggiori somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, derivanti dallo svolgimento delle attività di accertamento e riscossione svolte dai comuni cui spetta, il relativo gettito, sono istituiti i seguenti codici tributo:


– “3971” denominato “IMPi – Imposta immobiliare sulle piattaforme marine – COMUNE”;


– “3972” denominato “IMPi – Imposta immobiliare sulle piattaforme marine – INTERESSI DA ACCERTAMENTO – COMUNE”;


– “3973” denominato “IMPi – Imposta immobiliare sulle piattaforme marine – SANZIONI DA ACCERTAMENTO – COMUNE”;


Resta fermo l’utilizzo del codice tributo già istituito con risoluzione n. 77/E del 2 dicembre 2020, per il versamento della quota riservata allo Stato:


– “3970” denominato “IMPi – Imposta immobiliare sulle piattaforme marine – STATO”.


In caso di ravvedimento, le sanzioni e gli interessi sono versati unitamente all’imposta dovuta.


In sede di compilazione del modello F24, i suddetti codici tributo sono esposti nella sezione “IMU E ALTRI TRIBUTI LOCALI”, in corrispondenza delle somme indicate esclusivamente nella colonna “importi a debito versati”, riportando i seguenti dati:


– nel campo “codice ente/codice comune” indicare il codice catastale del comune nel cui territorio sono situati gli immobili, reperibile nella tabella pubblicata sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it;


– barrare la casella “Ravv.” se il pagamento è effettuato a titolo di ravvedimento;


– barrare la casella “Acc.” se il pagamento si riferisce all’acconto;


– barrare la casella “Saldo” se il pagamento si riferisce al saldo. Se il pagamento è effettuato in un’unica soluzione, barrare entrambe le caselle “Acc.” e “Saldo”;


– nel campo “Numero immobili” indicare il numero degli immobili;


– nel campo “Anno di riferimento” indicare l’anno d’imposta a cui si riferisce il pagamento, nel formato “AAAA”. Nel caso in cui sia barrata la casella “Ravv.” indicare l’anno in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata.


Ulteriore rideterminazione temporanea aliquote di accisa sui carburanti


Forniti chiarimenti sull’ulteriore rideterminazione temporanea delle aliquote di accisa sui carburanti e sugli adempimenti per gli esercenti (Agenzia delle dogane e dei monopoli – Circolare 08 giugno 2022, n. 23).

La legge 20 maggio 2022, n. 51, nel convertire il decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, ha introdotto l’art. 1-bis riproducente le disposizioni dell’art. 1 del decreto-legge 2 maggio 2022, n. 38.
Si rammenta che il citato art.1 del decreto-legge n. 38/2022, ora abrogato dalla della legge n. 51/2022 (art. 1, comma 2), aveva apportato un’ulteriore rideterminazione di talune aliquote di accisa di cui all’Allegato I al testo unico approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, (TUA), senza soluzione di continuità e nelle misure fissate dai precedenti interventi normativi di riduzione temporanea.
L’art. 1-bis, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 21/2022 conferma la vigenza delle aliquote di accisa sotto specificate a decorrere dal 3 maggio 2022):
– benzina: euro 478,40 per mille litri;
– oli da gas o gasolio usato come carburante: euro 367,40 per mille litri;
– gas di petrolio liquefatti (GPL) usati come carburante: euro 182,61 per mille chilogrammi.
Viene così mantenuta l’efficacia delle riduzioni operate dapprima dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 21/2022 e dall’art. 1 del decreto 18 marzo 2022 del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della transizione ecologica (a decorrere dal 22 marzo 2022) e, successivamente, dal decreto interministeriale 6 aprile 2022 (a decorrere dal 22 aprile 2022 per la benzina ed il gasolio, dal 21 aprile 2022 per i GPL, e fino al 2 maggio 2022 per tutti i menzionati prodotti).
Il medesimo art. 1-bis, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 21/2022, sempre a decorrere dal 3 maggio e fino all’8 luglio 2022, ha ricompreso nella rideterminazione temporanea anche un’ulteriore aliquota di accisa di cui si riporta la variazione intervenuta:
– gas naturale usato per autotrazione: da euro 0,00331 per metro cubo ad euro zero per metro cubo.
Di tale aliquota si dovrà tener conto in sede di liquidazione dell’accisa nelle fatturazioni relative ai quantitativi di gas naturale per uso autotrazione forniti nel predetto arco temporale.
Le aliquote di accisa così rideterminate restano in vigore fino all’8 luglio 2022.
L’art. 1-bis, comma 2, mantiene fino al suddetto termine dell’8 luglio 2022 la disapplicazione della aliquota ridotta prevista per il gasolio commerciale dal punto 4-bis della Tabella A allegata al TUA di cui ordinariamente beneficiano gli esercenti trasporto di merci e trasporto di persone (art. 24-ter del TUA), inglobando anche il periodo che va dal 22 aprile al 2 maggio 2022 di vigenza del decreto interministeriale 6 aprile 2022. Conseguentemente non si darà luogo, per il secondo trimestre 2022, alla presentazione della dichiarazione di rimborso dell’accisa sui litri di gasolio consumati.
L’art. 1-bis, comma 3, fissa l’obbligo per gli esercenti depositi commerciali di cui all’art. 25, comma 1, del TUA nonché impianti di distribuzione stradale di carburanti di cui al comma 2, lett. b), del medesimo art. 25 di trasmettere al competente Ufficio delle dogane, tramite PEC ovvero per via telematica, entro il 15 luglio 2022, i dati dei quantitativi fisici dei carburanti le cui aliquote sono state da ultimo rideterminate giacenti nei serbatoi alla fine della giornata dell’8 luglio 2022.
Lo stesso comma 3 sancisce il venir meno del pregresso obbligo di comunicazione delle giacenze disposto dall’art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 21/2022 originariamente riguardante solo la benzina ed il gasolio usato come carburante (rilevazione delle giacenze alla data del 21 aprile 2022) facendo salvi, in ragione dell’avvenuto assorbimento dell’adempimento, eventuali comportamenti omissivi posti in essere dagli esercenti. Va da sé che non sono configurabili come illeciti amministrativi neanche possibili inosservanze dell’art. 1 della determinazione direttoriale prot. 177707/RU del 22 aprile 2022 (rilevazione delle giacenze alla data del 2 maggio 2022).
Infine, cessato il periodo di specifica efficacia, non trova più applicazione l’adempimento di cui all’art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 21/2022, in virtù del quale i titolari dei depositi fiscali e gli esercenti dei depositi commerciali di cui agli art. 23 e 25 del TUA erano tenuti a riportare nel documento amministrativo semplificato telematico l’aliquota di accisa applicata ai quantitativi dei prodotti energetici ivi indicati.


IVA: effetti sul termine di presentazione della dichiarazione integrativa


Il Fisco fornisce chiarimenti sul differimento dei termini di accertamento IVA e gli effetti sul termine di presentazione della dichiarazione integrativa (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 09 giugno 2022, n. 328)

Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria, l’istante ritiene di essere nei termini per presentare la dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014 al fine di modificare la scelta dell’utilizzo di un credito IVA da rimborso, come manifestato nella dichiarazione originariamente presentata, a detrazione e/o compensazione.
La Società, infatti, come meglio argomentato nel seguito, ritiene di poter presentare una dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014 fintantoché non sono spirati i termini per il controllo di detta dichiarazione originariamente presentata da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Orbene, nel caso di specie, il termine di decadenza del potere di accertamento in relazione alla Dichiarazione IVA 2014 è ancora in corso, in quanto lo stesso è rimasto sospeso per il periodo che è intercorso tra il quindicesimo giorno successivo alla data in cui l’Ufficio ha notificato la Richiesta Documenti (aprile 2016) e la data in cui la Società ha adempiuto a tale richiesta con la Consegna Documenti (3 luglio 2020).
Tale dilatazione dei tempi per la risposta è stata causata da particolari accadimenti, in precedenza descritti, per cui la Società ha potuto presentare la documentazione comprovante il proprio diritto al rimborso solo quando è riuscita a definire compiutamente la propria posizione debitoria nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e si è conclusa l’attività di controllo medio tempore avviata dall’Ufficio pur se relativa ad un’altra annualità.
Il Fisco, a riguardo, ritiene che il rinvio ai «termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» ad opera del comma 6- bis dell’articolo 8 del d.P.R. n. 322 del 1998 – con riferimento alle tempistiche di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini IVA – non può che far riferimento ai termini “ordinari” disciplinati dal comma 1 dell’articolo 57 per le motivazioni di seguito esposte.
Anzitutto – per finalità di coerenza ed organicità del sistema – vi è l’esigenza di garantire continuità con il passato, laddove, l’originario rinvio – ai fini della presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, anche per l’IVA oltre che per le imposte sui redditi e dell’IRAP – ai termini di cui all’articolo 2, comma 8- bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, non contemplava alcuna forma di “differimento” ancorata alle tempistiche di presentazione della documentazione richiesta ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA.
L’allungamento dei tempi di presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, con l’introduzione altresì di una norma ad hoc ai fini IVA, non altera la natura dell’istituto, di natura premiale, finalizzato a consentire al contribuente di emendare gli errori compiuti all’atto della presentazione della dichiarazione originaria, prima di essere raggiunto dall’azione accertatrice dell’Ufficio impositore.
Orbene, il “differimento” contemplato dal comma 3 del richiamato articolo 57, rappresenta uno “strumento di controllo”, volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nell’ipotesi in cui, come detto, il contribuente pretestuosamente “temporeggi” nell’ottemperare alla richiesta dell’Ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA, con l’obiettivo di far decorrere i termini per l’accertamento.


Trattasi, dunque, di una misura posta a presidio dei poteri dell’Ufficio, la cui applicazione discende dall’adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui pertanto non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l’allungamento dei termini di presentazione della dichiarazione integrativa.
Resta fermo che, in base all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 443, nell’ipotesi in cui il rimborso fosse denegato per difetto dei presupposti stabiliti dall’articolo 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, con contestuale riconoscimento della spettanza del credito, ne sarebbe ammessa la «detrazione, successivamente alla notificazione» del provvedimento di diniego, «in sede di liquidazione periodica, ovvero nella dichiarazione annuale».


Via libera per il servizio di ricarica auto elettriche private dei dipendenti nel Welfare aziendale


Rientra nel regime di esclusione dal reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51, co. 2, lett. f), D.P.R. n. 917/1986, il servizio di ricarica gratuito delle auto elettriche che la società datrice di lavoro offre ai propri dipendenti (Agenzia Entrate – risposta 10 giugno 2022 n. 329).

L’art. 51, co. 1, D.P.R. n. 917/1986, prevede che costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.


La predetta disposizione include nel reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro (c.d. “principio di onnicomprensività”), salve le tassative deroghe contenute nei successivi commi del medesimo art. 51.


In particolare, il co. 2, lett. f), del cit. art. 51 del Tuir dispone che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”.


In relazione all’ambito di operatività della lettera f), l’Agenzia delle Entrate ha più volte precisato che, affinché si determini l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, devono verificarsi congiuntamente le seguenti condizioni:


– le opere e i servizi devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti;


– le opere e i servizi devono riguardare esclusivamente erogazioni in natura e non erogazioni sostitutive in denaro;


– le opere e i servizi devono perseguire specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto di cui all’art. 100, co. 1, del Tuir.


Le opere e i servizi contemplati dalla norma possono essere messi direttamente a disposizione dal datore di lavoro o da parte di strutture esterne all’azienda, a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e il terzo erogatore del servizio.


In considerazione della finalità della predetta normativa, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la disposizione di cui all’art. 51, co. 2, lett. f) del Tuir possa applicarsi anche nella ipotesi in cui il datore di lavoro, allo scopo di promuovere un utilizzo consapevole delle risorse ed atteggiamenti responsabili dei dipendenti verso l’ambiente, attraverso il ricorso alla mobilità elettrica, offra ai propri dipendenti il servizio di ricarica dell’auto elettrica.